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Magis ha sviluppato nuove logiche di progetto nell’universo del design domestico, costruendo la propria identità sull’alto profilo tecnologico del prodotto di grande serie.
Nell’arcipelago del design ci sono isole produttive felici che, nate sotto il segno del nuovo, sanno suggerire percorsi alternativi alla grande kermesse del consumismo. Oggi più che mai satura. Magis è tra queste.
Nata nel 1976 nel produttivo Nord-Est dall’ingegno di Eugenio Perazza, neofita del settore, Magis si presenta oggi come un grande laboratorio internazionale di progettazione, sperimentale per contenuti semantici, per sofisticatezza tecnologica, per variabilità del capitale umano.
Magis coglie l’attimo. Capta la creatività diffusa dei designer (Richard Sapper, Jasper Morrison, Stefano Giovannoni, Marc Newson, Konstantin Grcic, Ron Arad, the Bouroullecs, Robin Day, Pierre Paulin, Jerszy Seymour, Naoto Fukasawa, ed altri) indirizzandola verso oggetti che fanno tendenza. La premia anche Wallpaper, la “bibbia delle tendenze”, annoverando Perazza al primo posto tra i “Ten who will change the way we live”. L’azienda presenta un catalogo eterogeneo di prodotti, spesso suddivisi per famiglie tecnologiche affidate con chiara strategia a designer diversi.
La reinterpretazione degli oggetti quotidiani, anche di quelli considerati meno nobili come i “casalinghi”, passa attraverso l’applicazione d’avanguardia delle materie plastiche: così “Step” (1984), la scaletta pieghevole di Andries & Hiroko van Onck, che ha aperto al design un mondo inesplorato e così “Bombo” (1996), lo sgabello da bar di Stefano Giovannoni che propone in modo ludico una tipologia di prodotto da tempo trascurata. Realtà di produzione senza fabbrica, Magis ha scelto di decentrare la produzione – sostenuta da un distretto ricco di terzisti – per ritagliarsi una maggiore agilità nello sviluppo tecnologico dei prodotti.
Esempi: nella “Air-Chair” (2000) di Jasper Morrison l’assoluta semplicità del disegno è sostenuta dalla sofisticatezza dello stampaggio ad iniezione assistito da gas; “Chair_One” (2003), la sedia-struttura-scheletro in alluminio pressofuso nata dal talento di Konstantin Grcic, orienta il marchio verso nuovi traguardi produttivi, sancendo “la fine della dittatura della plastica”.
Nel 2004 è stata inoltre presentata al Salone di Milano una nuova collezione di mobili ed oggetti per bambini dai due ai cinque/sei anni chiamata Me Too: nove designer per una ventina di oggetti. Non una riduzione di scala, bensì un’intera collezione a misura del bambino, del suo mondo e della sua diversità rispetto a quello dei grandi. Me Too, ci sono anch’io. E’ stata un’operazione condotta in modo multidisciplinare coinvolgendo famosi designer e coinvolgendo anche esperti in ambito pedagogico, come Edward Melhuish, professore di Human Development all’Università di Londra, perché la collezione alla fine unisse ai valori estetici anche valenze positive e formative. Recentemente proprio la sedia per bambini Trioli della collezione Me Too è stata insignita del Compasso d’Oro ADI.
Da ricordare inoltre l’uscita sul mercato nel 2007 della sedia First di Stefano Giovannoni, dopo 4 anni di studi e ricerche progettuali. Una sedia che segna un nuovo primato di Magis nella tecnologia dell’air-moulding (da qui infatti il nome First): lo svuotamento del telaio, infatti, non è semplicemente applicato a volumi con ridotta sezione tubolare, bensì a volumi estesi e complessi